Nudismi vestiti in superfici morbide, abiti senza peli, forme di carne umana indossate come corpo totale: stanno qui gli alienumani di Stefania Fabrizi, i figli silenti di un pennello che dipinge il prisma mobile del suo animo. L’artista usa l’epidermide per costruire un mondo di avventure intime, stravolgimenti inferiori, continue variazioni spirituali. I suoi compagni di viaggio sono persone, difficili, inquiete, dure nell’imponenza dei muscoli. Hanno forme squadrate, teste calve, sguardi di immobilità insistente. Assomigliano ad umanoidi che affondano i piedi dentro l’asfalto. Ci scrutano con una decisa presenza frontale. Vogliono imporsi come figli arcaici di una statuaria militaresca. Eppure hanno qualcosa di emozionale che li sorregge, costringendoci ad uno sguardo aperto davanti al “cattivo”. Gli alienumani della Fabrizi non ridono e non piangono. Guardano l’immobilità ma vivono al massimo grado le proprie spinte, dandosi alla vita senza alcun risparmio. Li sorregge una dignità che in pochi sanno sostenere. Si muovono come specchi disgiunti di quel prisma che ognuno porta nello spirito. Rappresentano le nostre paure, le emozioni e le debolezze intime, le prese di coscienza e gli atti di forza che sorreggono i piedi nella vita. Eccoli lì, nemici apparenti che diventano compagni di strada. Un aiuto per non scivolare sull’asfalto umido. Talvolta quei giganti salvano chi rischia la caduta: e lo fanno con la stessa calma con cui osservano l’orizzonte davanti a loro. Quei fantasmi che ci camminano dentro chiedono la nostra amicizia e un amore sanato. Sembrano cattivi ma solo finché non si afferra il loro linguaggio muto. Stefania Fabrizi dialoga coi suoi alienumani maschili e femminili, parla con figure imponenti, pugili in attesa e corpi mascherati, si incontra con suonatori di silenzio, divoratori di ossigeno e filosofi dell’istinto. Li tocca mentre cercano la libertà dello spirito attraverso il corpo. Per la Fabrizi quella libertà rappresenta una quotidiana sfida da far vibrare. Le forme di energia colorata che spesso dipinge incarnano la lotta per la vita. Alimentano il suono che nasce dalla corda tesa dell’esperienza. Le sonorità scivolano lontano e la nudità dello spirito mostra un senso possibile della verità fisica.
Chi è Stefania Fabrizi
Il disegno come idea, come progetto, come forma, come plasticità, come “libido” del gesto.
Credo che ogni artista possieda un linguaggio personale e unico, come il DNA, come l’impronta digitale, quindi ogni tema o contenuto seppur apparentemente banale può appartenere a lui e solo a lui.
Con il mio lavoro parlo del mio mondo e di come vedo il mondo, della mia aspirazione all’assoluto, un mondo “schizzato” un miscuglio di immagini, di riferimenti: al cinema, al fumetto, all’immagine digitale, ai video-giochi, agli effetti in 3D, all’arte del passato, allo sport a tutto quello che anche irrazionalmente mi colpisce.
Ogni mio lavoro è una piccola passione, non mi fido della bellezza della prima stesura quella della quale ti compiaci, bisogna prima distruggerlo, solo dopo come un’araba fenice, come una resurrezione l’opera può uscire fuori in tutta la sua verità o anche, come in un assoluto gesto zen: sai quando è il momento, quello giusto.
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Cosa dicono sul mio lavoro
La pittura di Stefania Fabrizi è capace di fondere la dura energia del pugilato ad una folgorante qualità iconica, in opere che si sono recentemente ispirate allo sguardo allucinato e visionario di Philip K. Dick e che sembrano rappresentare la natura sospesa e il respiro possente di una fisicità ibrida e sublimata. Atleti e androidi, mistici e supereroi si rivelano così nella loro vera sostanza mutante di creature scaturite da un codice genetico ancora ignoto, esseri nuovi emersi da una pittura che, nella sua classicità futuribile, riesce ancora a porre l’uomo al centro di un universo negativo e di uno spazio al limite della dissoluzione entropica. I corpi metamorfici di Stefania Fabrizi – fondati su una visione scultorea di matrice rinascimentale (e toscana) e modellati da una nuova plasticità “elettronica” e immateriale- divengono dunque il fulcro radiante e magnetico di opere dove la lotta e l’amore, il silenzio e lo sguardo assumono il significato primigenio e profetico di una lucida precognizione sui destini dell’umanità. L’artista forma così le sue immagini attraverso il medium “fotonico” di una luce che sembra mettere in contatto il visibile e l’invisibile come in una scossa radioattiva, un bagliore esplosivo che origina la manifestazione folgorante di un una realtà sconosciuta divenuta all’improvviso percepibile attraverso l’occhio futuro di un nuovo sguardo sul mondo.